Reato di Tortura: una questione di civiltà

A 14 anni di distanza dalla notte del 21 luglio 2001 la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), ha messo nero su bianco e in una sentenza quello che decine di testimoni quella notte hanno visto e raccontato, condannando il nostro Paese non solo per gli atti di violenza compiuti dalla Polizia nei confronti di civili inermi nella scuola Diaz di Genova, ma anche per non aver ancora introdotto nel proprio ordinamento il reato di tortura.

Un reato che fu quindi compiuto ma non condannato a causa di un vuoto legislativo che questo Parlamento, a 26 anni dalla firma della Convenzione Onu contro la tortura, si sta impegnando a colmare.

Da oggi, infatti, la Camera inizierà la discussione sull’introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale.

La norma – in sintesi:

  • inserisce nel codice penale il delitto di tortura (art. 613-bis c.p.), come reato comune punito da 4 a 10 anni di reclusione. In altre parole, chiunque – e non solo il pubblico ufficiale – procuri intenzionalmente ad una persona a lui affidata acute sofferenze fisiche o psichiche a causa dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose o al fine di ottenere da essa informazioni o dichiarazioni, infliggere una punizione o vincere una resistenza, commette reato di tortura;
  • Prevede alcune aggravanti nella pena, tra cui quella “per fatto commesso da un pubblico ufficiale” o per aver provocato “gravi lesioni personali”;
  • inserisce nel codice penale (613-ter c.p.) il delitto di istigazione a commettere la tortura commessa dal pubblico ufficiale, con la reclusione da 6 mesi a 3 anni (art. 1);
  • Rende inutilizzabili le dichiarazioni e le confessioni ottenute attraverso la tortura (art. 2);
  • Raddoppia i termini di prescrizione per il delitto di tortura (art. 3);
  • Vieta di espellere o respingere cittadini extra-comunitari quando si suppone che siano sottoposti a tortura nei Paesi di provenienza (art. 4);
  • Esclude l’immunità diplomatica dei cittadini stranieri indagati o condannati nei loro Paesi di origine per il delitto di tortura (art. 5);
  • stabilisce l’invarianza degli oneri e disciplina l’entrata in vigore della riforma (artt. 6-7).

Il nostro Paese ha la possibilità concreta di fare un passo avanti importante sul terreno dei diritti umani .

Lo dobbiamo a tutti gli innocenti torturati a Genova ed ai tanti, troppi, casi denunciati ogni anno.

Per l’Italia, il Paese che diede i natali a Cesare Beccaria, è una questione di civiltà. E’ una questione di dignità.